domenica 11 marzo 2012

Le catene del silenzio

Suona il mio cellulare. Strano, è sabato e non lavoro per il mio giornale. Dovrebbe stare in silenzio. Vedo sul display quel nome. Lo conosco bene, anzi conosco bene la sua storia. Ci avevo anche scritto un articolo che avevamo concordato da tempo su mia sollecitazione.
Una storia cruda, siciliana. Una storia di racket, estorsioni e paura. Tanta paura. Così tanta da farti impazzire, toglierti il sonno, farti passare ore e ore dalle forze dell'ordine, risucchiare ogni tua energia vitale. Mi chiede aiuto, non ce la fa davvero più a vivere così.

E tu resti un attimo a pensare a quello che puoi fare. Pensi che per te il lavoro di giornalista non è solamente trovare una buona notizia, fare la tua intervistina ed essere contento del tuo bravo pezzo da ragazzo diligente. No, non è solo questo fare il giornalista. Fare il giornalista vuol dire immergersi nella realtà, ascoltare le persone, capire i loro problemi, i loro drammi. Aiutarli. Dare voce a chi non ne ha.

Adesso quel nome non ha voce. Io ho cercato di dargliela ma i risultati sono stati molto modesti. Le catene del silenzio l'hanno avvolto. L'indifferenza dei tanti benpensanti e moralisti prét-a-porter dell'antiracket lo sta dilaniando. Quel nome per me, ormai, non è un semplice "caso" o una semplice "notizia giornalistica". Per me è un amico da aiutare. E più si sente solo più mi convinco che è giusto marciare assieme a lui.

Cerco di trovare le parole giuste. Non bisogna dare a nessuno speranze illusorie, specie dopo tutte le bastonate prese dalla vita. Ma spiego come ci si può muovere. Occorrono orecchie pronte ad ascoltarti. Di quelle ce ne sono tante ma devono essere collegate a mani pronte ad agire concretamente.

La domenica la passo nell'immobilismo. Le orecchie che dovrebbero ascoltarmi si stanno tutte riposando. E ci può anche stare. Da domani inizierà un'altra battaglia per rompere le catene del silenzio. Catania è terribilmente bella da togliere il fiato. Sa anche essere, come tutte le bellissime donne, spietata e senza cuore.

La cesoia per rompere le catene del silenzio la dovrebbero avere tutti i giornalisti. Solo che a volte è troppo difficile riuscire a trovarla.

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